Ordinanza n. 166 del 1991

 

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ORDINANZA N. 166

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Dott. Aldo CORASANITI                                         Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                  Giudice

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 423, secondo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 15 novembre 1990 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale militare di La Spezia nel procedimento penale a carico di Loiacono Salvatore, iscritta al n. 16 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 1991;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

Udito nella camera di consiglio del 20 marzo 1991 il Giudice relatore Enzo Cheli;

Ritenuto che nel procedimento penale a carico di Salvatore Loiacono, imputato di insubordinazione con minaccia ed ingiuria pluriaggravata, il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale militare di La Spezia, con ordinanza del 15 novembre 1990, ha sollevato d'ufficio - in riferimento agli artt. 112 e 3 della Costituzione - questione di legittimità costituzionale dell'art. 423, secondo comma, del nuovo codice di procedura penale "nella parte in cui non prevede un meccanismo processuale idoneo a suscitare l'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero o comunque a provocarne l'attivazione" in ordine ad un fatto nuovo emerso nell'udienza preliminare e per il quale si debba procedere d'ufficio;

che - secondo quanto esprime l'ordinanza di rinvio - nel corso dell'udienza preliminare sono emersi, a carico dell'imputato, fatti nuovi relativi ad ipotesi di reato di concorso in abbandono di posto aggravato e di disobbedienza aggravata non enunciati nella richiesta di rinvio a giudizio e per i quali è prevista la procedibilità d'ufficio;

che le ipotesi di reato non contestate all'imputato non risultano connesse, a norma dell'art. 12, primo comma, lett. b), del codice di procedura penale, con il reato per cui è stato chiesto il rinvio a giudizio ed il pubblico ministero non "ha fatto alcuna richiesta a norma dell'art. 423, secondo comma, del codice di procedura penale o alcuna contestazione a norma del comma primo del medesimo articolo";

che, ad avviso del giudice remittente, risulterebbe perciò impossibile contestare all'imputato (e al concorrente) i fatti nuovi emersi nel corso dell'udienza preliminare e non sarebbe neppure utilizzabile la norma di cui all'art. 331 del codice di procedura penale "atteso che non verrebbe sottoposto all'esame del pubblico ministero nulla di più di quanto già da esso conosciuto attraverso la comunicazione di reato in ordine alla quale, peraltro, il pubblico ministero ha già effettuato le proprie valutazioni definitive con la richiesta di rinvio a giudizio";

che - secondo il giudice a quo - da questi presupposti deriverebbe la possibilità, per il pubblico ministero, di operare una sorta di archiviazione extra ordinem, sottratta al controllo del giudice, in contrasto con il principio costituzionale di obbligatorietà dell'azione penale sancito dall'art. 112 della Costituzione;

che inoltre, sempre ad avviso del giudice remittente, analoghe fattispecie sarebbero oggetto di una disciplina ingiustificatamente differenziata, in violazione dell'art. 3 della Costituzione: e ciò in quanto la norma impugnata impedirebbe il controllo del giudice su di una inattività del pubblico ministero in ordine ai fatti nuovi emersi a carico dell'imputato nel corso dell'udienza, mentre l'art. 409 del codice di procedura penale contempla l'ipotesi del mancato accoglimento da parte del giudice della richiesta di archiviazione del pubblico ministero e consente al giudice di emanare una ordinanza che vincola il pubblico ministero a formulare l'imputazione;

che nel giudizio dinanzi alla Corte ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;

Considerato che l'art. 423, secondo comma, del nuovo codice di procedura penale detta la disciplina delle "nuove contestazioni" nel corso dell'udienza preliminare, stabilendo che "se risulta a carico dell'imputato un fatto nuovo non enunciato nella richiesta di rinvio a giudizio, per il quale si debba procedere d'ufficio, il giudice ne autorizza la contestazione se il pubblico ministero ne fa richiesta e vi è il consenso dell'imputato;

che tale disposizione - come già affermato da questa Corte con l'ordinanza n. 11 del 1991 - non viola il principio di obbligatorietà dell'azione penale sancito dall'art. 112 della Costituzione, poiché il pubblico ministero - quando nel corso dell'udienza preliminare risulti a carico dell'imputato un fatto nuovo che configuri un reato perseguibile d'ufficio - è obbligato ad esercitare tale azione e ad iscrivere la nuova notizia di reato nel registro di cui all'art. 335 del codice di rito, potendo solo scegliere se esercitare per tale fatto un'azione separata o procedere, con il consenso dell'imputato, alla nuova contestazione nell'ambito del processo già in corso, con conseguente trattazione unitaria delle due imputazioni;

che, non essendo violato, nella fattispecie condotta all'esame di questa Corte, l'art. 112 della Costituzione, risulta priva di fondamento anche l'ulteriore censura di illegittimità costituzionale formulata dal giudice a quo sul presupposto di una ingiustificata diversità - sotto il profilo del controllo giurisdizionale sull'obbligatorio esercizio dell'azione penale - tra la disciplina dell'archiviazione dettata dall'art. 409 del codice di procedura penale e la disciplina delle "nuove contestazioni" in udienza contenuta nella norma impugnata;

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale;

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 423, secondo comma, del codice di procedura penale, in relazione agli artt. 112 e 3 della Costituzione, sollevata dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale militare di La Spezia con l'ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 aprile 1991.

 

Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria il 18 aprile 1991.